Uscita: Luglio 2012, Bombanella Records
Distribuzione fisica: Audioglobe
Distribuzione Digitale: Digitalea/The Orchard
Si può mettere tutto in una canzone? "La canzone deve essere un mondo" – una domanda e un concetto sembrano guidare la stesura dei brani.
Daniele Faraotti musicista di vasta esperienza, in bilico tra musica colta, indie e canzone d'autore, ci presenta il suo secondo album in studio dal titolo "Canzoni in Salita", in uscita per Bombanella Records e che segue l'esordio "Ciò che non sei più" del 2008 e l'EP "Ciò che non sai più" del 2009.
Il sound della dfb è stato descritto come una particolare alchimia tra indie, rock, progressive e altre influenze eterogenee ed elaborate. Essenziale dal vivo, la band trova in studio molti spunti per ampliare e deragliare inaspettatamente verso suoni originali e sperimentazioni.
La varietà sembra essere il filo conduttore ad una produzione eclettica e fuori dagli schemi, che guarda alla canzone come la forma ideale da plasmare liberamente per farla suonare sempre nuova. Una scrittura irruente a tratti drammatica, vicina agli Afterhours più incisivi; queste canzoni sposano contaminazione di Beatles, Area, Radiohead, Stravinsky, Gentle Giant, King Crimson, rivelando a più riprese lo stratificato background dell'autore.
Un sound che è frutto di sessioni di registrazione e del clima creativo, rilassato e casalingo dello studio Bombanella Soundscapes, dove Davide Cristiani e dfb hanno registrato, mixato e masterizzato i brani che sono contenuti in "Canzoni in Salita", dando alle canzoni una giusta forma e un suono più compatto e vario rispetto ai lavori precedenti.
"Canzoni in Salita" ci sorprende con un sound, più personale e coinvolgente, grazie anche al contributo dei molti ospiti (tra questi Valeria Sturba al theremin e al violino; Paolo Raineri e Luigi Zardi alla tromba e al flicorno; Marco Zanardi, al sax contralto, tenore e basso; Sara Cantelli al traversiere), ma soprattutto alla visione di insieme di Daniele Faraotti, agli arrangiamenti e al suono sempre diversificato.
In questi brani gli elementi sgomitano giustapponendosi bruschi – tra contrasti e lontananze; la continuità non viene meno ma è ricca di sorprese.
Tutti i brani sono stati scritti e arrangiati da Daniele Faraotti (chitarra e voce).
Enrico Mazzotti (basso) e Ernesto Geldes Illino (batteria) sono la fantasiosa sezione ritmica della dfb.
Daniele Faraotti, dopo anni di conservatorio per lo studio della chitarra classica, intraprende una fortunata carriera come compositore e concertista, sia in qualità di solista che in formazione da camera con esibizioni nazionali ed internazionali. Nel 1994 collabora con Patty Pravo arrangiando "La vita" per ensemble strumentale da camera. Il brano, tratto dall'album "Ideogrammi" (il tentativo avantgarde di Patty), viene presentato al "Roxy Bar" di Red Ronnie. Collabora inoltre alla stesura dell'album "La scoperta dell'America" (2006) di Claudio Lolli. Dal 1996 è compositore, chitarrista e voce delle canzoni che porta in giro con la dfb - Daniele Faraotti Band.
"Canzoni in salita" si compone di dieci tracce, nove canzoni e un siparietto (Speck intro).
Alcune note…
Sbottonato vivace 135: una divertita quanto inutile invettiva ai condizionamenti che, in alcuni casi, la musica subisce in virtù del gradimento.
Trae da Beethoven (quartetto per archi op. 135, 2° movimento) due elementi caratteristici che vengono elaborati e sottoposti a variazioni.
Il ritornello sposa una significativa quanto inattuale affermazione del Maestro: "Vox populi vox dei – non ci ho mai creduto – dovesse esserci anche una sola persona al mondo in grado di apprezzare la mia musica, sarei comunque soddisfatto".
Tram Golem (a Dario Fo): un divertimento, con un riff a cura dell'Anicagis e un ritornello molto contrastante. La canzone si sviluppa in più episodi; una coda estesa deve l'andamento sixties/pepper alla "parte Paul" di A day in the life.
La dedica a Dario Fo (Tram golem è l'anagramma di grammelot), fa cantare il brano così com'è nato, quel finto inglese che spesso soccorre molte prime stesure.
Uh mani: "E se veramente tornassimo teriomorfi? Per restare qui in semplici teste gallo?" Cosa rimarrebbe della nostra umanità? Forse "la grazia che i giovani di negozio mettono nell'incartare la roba venduta".
I'm the walrus simboleggia l'animale, Hello Goodbye rappresenta l'umano: due facce della stessa medaglia, due facciate dello stesso 45 giri.
Le cose: le cose ci circondano, ci rapiscono e talvolta ridono di noi. Anche la musica si fa cosa: in questa canzone/mimesi trovano posto: il Sacre, Guitar Boogie e la sezione fiati di Can you hear my knocking degli Stones.
Melanconia 2: un bottone e la luna come due satelliti riflessi la melanconia vede relazioni lontane e vi si identifica. La musica, immedesimandosi, prova a farsi stoffa o vuoto abisso.