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rumore

L’appunto che vien spontaneo di muovere al secondo album del trio bolognese condotto dal navigato polistrumentista Daniele Faraotti (già collaboratore di Patty Pravo e Claudio Lolli), è quello di voler comprimere al suo interno, spesso nello stesso brano, troppi generi e linguaggi diversi: canzoni indie rock in italiano e scherzi di studio zappiani, riff e ghirigori prog tra King Crimson e Gentle Giant, colte partiture classiche e art rock alla Radiohead, melodie beatlesiane via XTC e altro ancora. Inevitabile al primo approccio un senso di sconcerto, stranamente però il composito castello di carte non collassa sotto il peso del pastiche post-moderno, sorretto da un’ispirazione straripante ma verace, oltre che da indubbie doti tecniche (anche della sezione ritmica di Enrico Mazzotti ed Ernesto Geldes Illino).
Un Todd Rundgren romagnolo?
Vittore Baroni

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